Ne bis in idem ed omesso versamento IVA: il Tribunale di Bologna dubita della legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p.
Con ordinanza del 21 aprile 2015, il Tribunale di Bologna, Sez. Penale in composizione monocratica, ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale, per violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, dell’art. 649 c.p.p., in relazione all’art. 10- ter d.lgs. 74/2000, nella parte in cui non prevede l’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio al caso in cui all’imputato sia già stata comminata, per il medesimo fatto nell’ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione alla quale debba riconoscersi natura penale ai sensi della Convenzione EDU e dei relativi Protocolli.
Il giudice a quo, in applicazione dei c.d. criteri Engel, è giunto all’inequivoca – ed a parere di chi scrive, necessitata – conclusione secondo cui la sanzione amministrativa prevista dall’art. 13 d.lgs. 471/1997 ha natura penale, in quanto volta alla punizione del colpevole, trattandosi di una sanzione avente natura non compensativa, bensì deterrente e punitiva, caratteri questi tipici della sanzione penale.
Se tale, allora, è la vera natura della sanzione prevista dalla norma tributaria, automatica e conseguenziale sarà l’applicazione dei principi espressi nella giurisprudenza della Corte Europea in tema di ne bis in idem.
Lodevole, per completezza e sintesi della ricostruzione ivi operata, è la motivazione offerta dal Tribunale di Bologna in punto di non manifesta infondatezza, laddove, in effetti, ripercorre i recenti approdi giurisprudenziali del Giudice di Strasburgo.
[…] Non può, infatti, disattendersi la portata delle recenti pronunce della Corte Edu in relazione al cumulo delle sanzioni amministrative e penali in materia tributaria. In particolare, nella sentenza Nikanen c. Finlandia del 20.05.2014 la Corte si è pronunciata sul cumulo sanzionatorio delle sanzioni tributarie affermando che l’avvenuta irrogazione al contribuente, con provvedimento definitivo, di una sanzione amministrativa tributaria – nella specie una soprattassa di importo pure assai contenuto (1.700,00 euro) ma avente, in ogni caso, una connotazione punitiva – impedisce di avviare o di proseguire un procedimento penale per la medesima violazione, qualificata, nel caso specifico, come frode fiscale.
Tali principi sono stati ribaditi nella sentenza Lucky Dev c. Svezia del 27.11.2014 e riguardano un caso sostanzialmente analogo a quello che si presenta innanzi a questo Tribunale, posto che anche nell’ordinamento svedese alle violazioni di natura tributaria consegue sia l’applicazione di una sanzione amministrativa, definita dalla Corte tax surcharge, sia una sanzione di carattere penale, denominata tax offence.
Inoltre, anche nell’ordinamento svedese, così come in quello italiano, il procedimento amministrativo-tributario e quello penale sono indipendenti, non essendo previsto alcun meccanismo di raccordo tra essi. La Corte Edu ha ribadito il proprio approccio analitico e concreto in relazione alla qualificazione dello stesso fatto che porta i Giudici di Strasburgo a considerare sostanzialmente unitaria l’idem factum quando le due condotte previste dalle norme sanzionatorie “costituiscono un insieme di circostanze fattuali che coinvolgono lo stesso imputato e che sono inestricabilmente avvinte nel tempo e nello stesso spazio”. La Corte ha poi precisato che si ha violazione del principio stabilito dall’art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione solo quando uno dei due procedimenti previsti per la medesima condotta punita con l’irrogazione di due sanzioni sostanzialmente penali si sia concluso con una decisione definitiva.
In particolare, con la sentenza indicata la Corte ha affermato che a rendere non conforme la disciplina svedese alla convenzione sia l’assenza di una connessione tra i due procedimenti ovvero una “close connection in subitanee and in time” con la conseguenza che i due procedimenti, in quanto autonomi, costituiscono duplicazioni sanzionatorie per il medesimo fatto illecito e non una forma di tutela predisposta dall’ordinamento in un’ottica complessiva ed unitaria (cfr. par. 61 e 62).
Le stesse osservazioni valgono, a parere di questo Tribunale, nell’ordinamento interno. Difatti, nel caso sottoposto all’attenzione del Tribunale ci si trova di fronte a due procedimenti scaturenti dagli stessi fatti, in quanto medesima è la violazione posta in essere dall’imputato che ha dato luogo, da un lato, al procedimento amministrativo di accertamento e, dall’altro, al procedimento penale. Viene in rilievo, inoltre, la consecutività dei due procedimenti, posto che la sanzione penale verrebbe applicata, nel caso in questione, dopo che il procedimento amministrativo si è concluso con una decisione definitiva.
Invero, il ne bis in idem non può che ritenersi ulteriormente violato dalla previsione dell’autonomia attribuita dal legislatore ai due procedimenti alla luce della previsione dell’art. 20 sopra citato. Difatti, secondo la Corte Edu, l’art. 4 prot. n. 7 CEDU non preclude la contemporanea apertura e celebrazione di procedimenti paralleli per lo stesso fatto, bensì l’eventualità che uno dei procedimenti non venga interrotto nel momento in cui l’altro è divenuto definitivo.
Alla luce della natura effettiva delle violazione prevista dall’art. 13 d.lgs. 471/1997 e della finalità repressiva della sanzione ivi comminata la condanna in sede penale porterebbe alla violazione del ne bis in idem sostanziale e quindi dell’art. 4 del Protocollo sopra citato.
Le due sanzioni infatti verrebbero comminate in relazione allo stesso periodo ed allo stesso comportamento per fatti identici. L’omesso versamento dell’imposta, in concreto, già sanzionato in via amministrativa, viene nuovamente sanzionato in via penale, solo perché protratto nel tempo.
La previsione di un termine diverso di scadenza, al fine di individuare il diverso momento di consumazione della sanzione amministrativa e del reato, non vale a differenziare il fatto nella sua concretezza; né la mera previsione di una soglia di punibilità penale appare capace di distinguere il fatto oggetto delle due previsioni sanzionatorie, che resta il medesimo.
Ci si trova con palmare evidenza di fronte alla medesimezza del fatto secondo i principi sopra richiamati e fatti propri dalla Corte Edu. Il meccanismo sopra delineato prescritto dal nostro legislatore all’art. 21 del d.lgs. 74/2000, pur se concepito in astratto al fine di scongiurare il cumulo sanzionatorio, non è in grado di evitare che in concreto si creino, come nel caso in esame, delle vicende in cui il contribuente abbia già pagato, prima dell’instaurazione del processo penale, la sanzione amministrativa comminatagli.