Il nostro sistema tributario all’esame della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: le questioni ancora aperte
Roma, 22 settembre 2015 ore 14:45 – Aula Giallombardo della Corte di Cassazione: la struttura territoriale di formazione decentrata di Roma – Cassazione, organizza una interessante tavola rotonda su un tema di grandissima attualità e rilevanza.
Programma
Interverranno Lucia Tria – Consigliere della Corte di Cassazione, Paolo Cancemi – Giurista presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Capo Divisione Italiana), Roberto Chenal – Segretario legale presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Mario Cicala – Presidente titolare della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, Saverio Felice Mannino – Presidente Titolare della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, Aldo Fiale – Presidente di Sezione della Corte di Cassazione, Roberto Conti – Consigliere della Corte di Cassazione.
Destinatari
L’incontro è destinato ai Giudici ed ai Sostituti procuratori generali della Suprema Corte che si occupano della materia tributaria, ma anche a tutti gli altri Giudici e Sostituti procuratori generali, a tutti i magistrati di merito, agli avvocati ed è aperto alla partecipazione dei docenti universitari, degli stagisti e di ogni altro interessato.
Oggetto
Un rapido esame delle disposizioni della Convenzione Europea per la tutela dei Diritti Umani (d’ora in poi CEDU) e dei suoi Protocolli consente di verificare che l’unica disposizione in cui sono espressamente contemplati i rapporti fiscali tra lo Stato ed i cittadini – contribuenti è l’art. 1 del primo Protocollo addizionale, nel quale – dopo il primo paragrafo che sancisce che “ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni” – il secondo paragrafo riconosce il “diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”. Sicchè, complessivamente, la disposizione si preoccupa soltanto di affermare la tendenziale compatibilità con il diritto di proprietà – inteso in senso assoluto, secondo il pensiero liberale che ispira tutta la CEDU – di limitazioni dovute alla necessità di garantire la riscossione delle imposte da parte dell’Erario ovvero l’imposizione di tributi.
D’altra parte, un’altra norma della CEDU molto spesso invocata in relazione a questioni in materia fiscale è l’art. 6, primo paragrafo, sul diritto ad un equo processo, e la Corte EDU, dopo averne escluso l’applicabilità al contenzioso tributario – sull’assunto della non ricomprensione della materia ivi trattata nell’ambito dei diritti e delle obbligazioni di carattere civile (sentenza 12 luglio 2001, Ferrazzini c. Italia) – successivamente (specialmente a partire dalla Sentenza 22 luglio 2003, SA Cabinet Diot et Gras Savoye c. Francia) ha cominciato a riconoscere, sia pure in modo prudente, la possibilità di applicare la suindicata disposizione anche a controversie in materia fiscale.
Nel corso del tempo, grazie al dinamismo interpretativo che contraddistingue la Corte di Strasburgo e che l’ha portata a fare riferimento anche per la materia tributaria a molteplici altre disposizioni della Convenzione, l’impatto prodotto dalla relativa giurisprudenza nel sistema tributario nazionale è divenuto sempre più imponente.
Nell’ambito della nostra Corte di Cassazione tale situazione riguarda principalmente la quinta Sezione civile o Sezione Tributaria – istituita con decreto del 19 giugno 1999, n. 61, a seguito dell’introduzione del ricorso per cassazione contro le decisioni rese dalle Commissioni tributarie regionali – e la terza Sezione penale, che, fra l’altro, si occupa dei procedimenti penali per reati in materia tributaria.
Perché l’evoluzione di approccio interpretativo della Corte EDU cui si è fatto cenno possa portare ad un reale miglioramento del nostro sistema tributario – anche nella sua componente sanzionatoria – con il presente incontro di intende creare un occasione di confronto “sul campo” fra i Presidenti e Consiglieri della Corte di Cassazione interessati e Giuristi che lavorano presso la Divisione italiana della Corte EDU, onde sciogliere le criticità che si vanno evidenziando nei rapporti fra sistema interno e CEDU, specialmente su alcune tra le questioni più ricorrenti, come : a) la convivenza del doppio binario sanzionatorio (penale e amministrativo) in materia tributaria, cui si collegano plurimi problemi, a partire da quello delle violazioni del principio del ne bis in idem, che trova riscontro anche nella giurisprudenza della Corte di Giustizia UE; b) i rapporti tra la giurisprudenza della Corte EDU sul trattamento sanzionatorio in materia fiscale e la giurisprudenza della CGUE secondo cui, in caso di irregolarità nel settore dell’IVA, gli Stati membri – fatto salvo l’obbligo da essi assunto con la convenzione PIF di sanzionare penalmente la frode fiscale lesiva degli interessi finanziari dell’Unione – sono liberi di ricorrere, in linea di principio, anche ad una combinazione di sanzioni amministrative e penali, purchè siano previste sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive e che la disciplina nazionale in materia di prescrizione non ne comporti, per ragioni sistemiche, l’irrogazione solo sporadica, essendo questo contrario all’obbligo generale degli Stati membri di applicare sanzioni effettive per violazioni del diritto dell’Unione; c) una più dettagliata precisazione in merito all’applicazione alle controversie in materia tributaria delle garanzie processuali (di cui all’art. 6 CEDU), con particolare riguardo al diritto alla prova, alla parità delle armi e, più in generale, alla conformità del nostro sistema di giustizia tributaria al canone della terzietà del giudice; d) i limiti di applicabilità del principio di legalità in materia penale, di cui all’art. 7 CEDU, con particolare riguardo alla questione della confisca in assenza di condanna (alla luce della sentenza 29 ottobre 2013, Varvara c. Italia e di Corte cost. n. 49 del 2015); e) la definizione dei limiti di applicabilità dell’art. 1 del Protocollo n. 1 in materia tributaria (per ritardo nei rimborsi crediti d’imposta, sanzioni etc.).
Un rapido esame delle disposizioni della Convenzione Europea per la tutela dei Diritti Umani (d’ora in poi CEDU) e dei suoi Protocolli consente di verificare che l’unica disposizione in cui sono espressamente contemplati i rapporti fiscali tra lo Stato ed i cittadini – contribuenti è l’art. 1 del primo Protocollo addizionale, nel quale – dopo il primo paragrafo che sancisce che “ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni” – il secondo paragrafo riconosce il “diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”. Sicchè, complessivamente, la disposizione si preoccupa soltanto di affermare la tendenziale compatibilità con il diritto di proprietà – inteso in senso assoluto, secondo il pensiero liberale che ispira tutta la CEDU – di limitazioni dovute alla necessità di garantire la riscossione delle imposte da parte dell’Erario ovvero l’imposizione di tributi.
D’altra parte, un’altra norma della CEDU molto spesso invocata in relazione a questioni in materia fiscale è l’art. 6, primo paragrafo, sul diritto ad un equo processo, e la Corte EDU, dopo averne escluso l’applicabilità al contenzioso tributario – sull’assunto della non ricomprensione della materia ivi trattata nell’ambito dei diritti e delle obbligazioni di carattere civile (sentenza 12 luglio 2001, Ferrazzini c. Italia) – successivamente (specialmente a partire dalla Sentenza 22 luglio 2003, SA Cabinet Diot et Gras Savoye c. Francia) ha cominciato a riconoscere, sia pure in modo prudente, la possibilità di applicare la suindicata disposizione anche a controversie in materia fiscale.
Nel corso del tempo, grazie al dinamismo interpretativo che contraddistingue la Corte di Strasburgo e che l’ha portata a fare riferimento anche per la materia tributaria a molteplici altre disposizioni della Convenzione, l’impatto prodotto dalla relativa giurisprudenza nel sistema tributario nazionale è divenuto sempre più imponente.
Nell’ambito della nostra Corte di Cassazione tale situazione riguarda principalmente la quinta Sezione civile o Sezione Tributaria – istituita con decreto del 19 giugno 1999, n. 61, a seguito dell’introduzione del ricorso per cassazione contro le decisioni rese dalle Commissioni tributarie regionali – e la terza Sezione penale, che, fra l’altro, si occupa dei procedimenti penali per reati in materia tributaria.
Perché l’evoluzione di approccio interpretativo della Corte EDU cui si è fatto cenno possa portare ad un reale miglioramento del nostro sistema tributario – anche nella sua componente sanzionatoria – con il presente incontro di intende creare un occasione di confronto “sul campo” fra i Presidenti e Consiglieri della Corte di Cassazione interessati e Giuristi che lavorano presso la Divisione italiana della Corte EDU, onde sciogliere le criticità che si vanno evidenziando nei rapporti fra sistema interno e CEDU, specialmente su alcune tra le questioni più ricorrenti, come : a) la convivenza del doppio binario sanzionatorio (penale e amministrativo) in materia tributaria, cui si collegano plurimi problemi, a partire da quello delle violazioni del principio del ne bis in idem, che trova riscontro anche nella giurisprudenza della Corte di Giustizia UE; b) i rapporti tra la giurisprudenza della Corte EDU sul trattamento sanzionatorio in materia fiscale e la giurisprudenza della CGUE secondo cui, in caso di irregolarità nel settore dell’IVA, gli Stati membri – fatto salvo l’obbligo da essi assunto con la convenzione PIF di sanzionare penalmente la frode fiscale lesiva degli interessi finanziari dell’Unione – sono liberi di ricorrere, in linea di principio, anche ad una combinazione di sanzioni amministrative e penali, purchè siano previste sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive e che la disciplina nazionale in materia di prescrizione non ne comporti, per ragioni sistemiche, l’irrogazione solo sporadica, essendo questo contrario all’obbligo generale degli Stati membri di applicare sanzioni effettive per violazioni del diritto dell’Unione; c) una più dettagliata precisazione in merito all’applicazione alle controversie in materia tributaria delle garanzie processuali (di cui all’art. 6 CEDU), con particolare riguardo al diritto alla prova, alla parità delle armi e, più in generale, alla conformità del nostro sistema di giustizia tributaria al canone della terzietà del giudice; d) i limiti di applicabilità del principio di legalità in materia penale, di cui all’art. 7 CEDU, con particolare riguardo alla questione della confisca in assenza di condanna (alla luce della sentenza 29 ottobre 2013, Varvara c. Italia e di Corte cost. n. 49 del 2015); e) la definizione dei limiti di applicabilità dell’art. 1 del Protocollo n. 1 in materia tributaria (per ritardo nei rimborsi crediti d’imposta, sanzioni etc.).