Matteo De Longis

Parole che sono macigni sulla strada dei diritti civili

L’Unione Camere Penali, con il suo Osservatorio Carcere, denuncia la gravità di quanto emerso dalla lettura del quotidiano “La Repubblica” in merito ai fatti oggetto di un provvedimento della Procura della Repubblica di Parma.

Leggiamo, sulle pagine del quotidiano “La Repubblica”, la notizia della richiesta di archiviazione del procedimento penale relativo alle registrazioni che un detenuto era riuscito ad effettuare all’interno del carcere. Senza voler entrare nel merito della vicenda, che conosciamo per la pubblica denuncia del Senatore Luigi Manconi, Presidente dell’associazione “A Buon Diritto”, riteniamo che vada evidenziato quanto scritto nel provvedimento della Procura, nel quale si danno quasi per scontate prassi e modalità in pieno contrasto non solo con i principi costituzionali e con le regole e le finalità dell’Ordinamento penitenziario, ma anche con i minimi postulati della civiltà e della dignità di coloro che sono sottoposti ad un trattamento detentivo.

Si leggerebbe nella richiesta di archiviazione che, secondo il Magistrato, le frasi registrate, pronunciate da agenti di polizia penitenziaria, “seppur inquietanti, paiono lezioni di vita carceraria, più che minacce ed affermazioni di supremazia assoluta o negazione dei diritti, visto che la guardia dice di non aver mai usato violenza e Assarag conferma”.

Spiace osservare come, al di là della questione della rilevanza penale delle condotte (sulla quale non riteniamo opportuno intervenire), il pensiero del Magistrato sembri in qualche modo prendere atto che all’interno dei nostri istituti di pena e di custodia in genere, certi comportamenti siano normalmente tollerarti ovvero tollerati come una cosa normale. Noi stentiamo a collocarci all’interno di un sistema culturale che ritiene simili comportamenti solo “inquietanti” e che anziché parametrare quella realtà fatta di abusi e di soprusi al giudizio severo di chi è stato educato al rispetto della Costituzione, colloca quest’ultima all’interno di un improbabile scibile somministrato da improponibili Maestri di “vita carceraria”.

Affermazioni del tipo di quelle riportate nell’articolo: “se il collega te le dà, io entro in cella e te le do pure io, poi siamo in due a dartele”… “ci vuole il bastone e la carota” … “allora ho ragione quando dico che questo carcere è fuori legge ?”“Se ti volevamo picchiare, no? Era facile, ti pigliavamo, ti portavamo giù e ti picchiavamo” … “Tanto io do sempre ragione ai colleghi, mai a voi” … “Se la Costituzione fosse applicata alla lettera, questo carcere sarebbe chiuso da 20 anni, perché questo carcere è fuori legge, cioè è fuori dalla legge”… “Questo carcere, questo istituto, con la Costituzione non ha nulla a che vedere”, sarebbero state pronunciate, ad avviso del Magistrato, per far comprendere le regole da rispettare, le modalità di comportamento, la cultura del carcere.

Nei numerosi istituti che non hanno ancora neppure un Regolamento Interno, pur previsto da oltre 40 anni dall’Ordinamento, sembrano purtroppo essere ancora oggi questi i Maestri che dettano i metodi di comportamento e somministrano lezioni di vita carceraria. Laddove il Regolamento c’è, è invece, a questi “maestri” che è affidata la sua applicazione.

L’Unione Camere Penali Italiane, con il suo “Osservatorio Carcere”, denuncia la gravità dei fatti emersi da quelle registrazioni e chiede che il Ministro intervenga per chiarire se al di là delle legittime ed autonome valutazioni del Magistrato, siano stati effettuati tutti i controlli e tutte le ispezioni che una tanto raccapricciante realtà imponeva, affinché non siano ignorate e dimenticate quelle terribili parole che sono veri e propri macigni sulla strada dei diritti civili e della dignità di tutti i detenuti. Consapevoli che un Paese che non sa tutelare i diritti di chi è detenuto non sa neppure difendere i diritti di coloro che sono liberi.

Roma, 15 gennaio 2015

La Giunta

L’Osservatorio Carcere UCPI

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