Matteo De Longis

Sul contraddittorio endoprocedimentale negli accertamenti a tavolino

In tema di estensione delle garanzie previste nell’ambito del c.d. contraddittorio endoprocedimentale anche agli accertamenti effettuati a tavolino, si deve anzitutto prendere atto che, secondo la giurisprudenza della Corte del Lussemburgo – interprete massimo ed ineludibile in tema di riscossione di tributi armonizzati -, tali prerogative devono dispiegare la loro piena efficacia a prescindere dalle modalità con le quali viene effettuato l’accertamento. Continua a leggere…

Sulla motivazione per relationem dell’avviso di accertamento e sul corrispondente onere di allegazione

Accade sovente che l’avviso di accertamento emesso nei confronti di un contribuente si fondi, in tutto o in parte, sugli accertamenti già effettuati nei confronti di un terzo soggetto; in tali casi, ai fini del corretto e pieno esercizio del diritto di difesa, è pertanto fondamentale avere precisa contezza degli atti compiuti a carico di quest’ultimo. Continua a leggere…

Ne bis in idem ed omesso versamento IVA: il Tribunale di Bologna dubita della legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p.

Con ordinanza del 21 aprile 2015, il Tribunale di Bologna, Sez. Penale in composizione monocratica, ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale, per violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, dell’art. 649 c.p.p., in relazione all’art. 10- ter d.lgs. 74/2000, nella parte in cui non prevede l’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio al caso in cui all’imputato sia già stata comminata, per il medesimo fatto nell’ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione alla quale debba riconoscersi natura penale ai sensi della Convenzione EDU e dei relativi Protocolli.

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Sull’utilizzabilità e sul libero apprezzamento delle dichiarazioni testimoniali nel processo tributario

La questione appena epigrafata affonda le sue radici nella sentenza Costituzionale n. 18 del 2000, con la quale, la Consulta ha dichiarato compatibile con la Carta fondamentale il divieto di prova testimoniale previsto all’art. 7 d.lgs. 546/1992.

Con tale pronuncia, difatti, i Giudici delle Leggi non hanno ritenuto censurabile la normativa in questione in riferimento ai parametri invocati dal Giudice rimettente, segnatamente, gli artt. 3, 24 e 53 Cost. Continua a leggere…